Da Triesteallnews

“È una situazione che deve finire. Non esiste, in Italia, solo la questione degli sbarchi via mare: esiste un grande problema di attraversamento al confine fra Italia e Slovenia, da Tarvisio fino a Trieste ma in particolare nella zona del Carso, che viene sottovalutato e va affrontato. Dai dati che abbiamo, nei primi 4 mesi del 2019 sono state 500 le persone fermate: molte migliaia attraversano il confine senza che nessuno se ne accorga”.

La “Nuova Rotta Balcanica” d’immigrazione, quindi, al centro dell’attenzione e della richiesta del senatore Luca Ciriani, capogruppo al Senato di Fratelli d’Italia e candidato alle prossime elezioni europee, al ministro dell’Interno Salvini difare chiarezza sui numeri reali e sulle azioni concrete che verranno messe in campo per arrestare il flusso incontrollato di attraversamenti verso l’Italia. A tre anni dall’accordo sui rifugiati fra l’Unione Europea e la Turchia, che ha ufficialmente chiuso la cosiddetta “Rotta Balcanica” prima maniera, il problema riesplode nella sua interezza e diventa, dopo le variazioni delle norme sui richiedenti asilo, potenzialmente molto più difficile da gestire.
I fatti hanno mostrato che la “Rotta Balcanica” non è stata per niente chiusa: si è trasformata, con un rallentamento iniziale dei passaggi dovuti alla necessità di ‘ristrutturare’ il percorso e il modo in cui il viaggio di chi è disperato viene sfruttato; ha avuto bisogno della creazione di nuovi punti d’appoggio e nuove modalità di attraversamento che hanno reso il viaggio dei migranti che cercano di entrare in Europa ancora più pericoloso. La nuova rotta, ‘certificata’ dalle entrate in Bosnia-Herzegovina di migranti provenienti dalla Serbia e dal Montenegro, e più vicino a noi, dalle centinaia di vestiti e oggetti abbandonati in Val Rosandra, attorno a San Dorligo della Valle e in Carso, convoglia un nuovo, costante flusso di persone, silente per la maggior parte del tempo per poi esplodere in episodi di cronaca recente come quello dei furgoni vittime di incidenti o protagonisti di rischiosi inseguimenti.

Come ricorda Claudio Giacomelli, segretario provinciale di Fratelli d’Italia, per attivare la procedura di rientro in Slovenia dei migranti intercettati lungo la “Nuova Rotta Balcanica” è fondamentale ci sia la prova del fatto che essi siano effettivamente transitati per la Slovenia; in mancanza di essa, è sufficiente per loro cambiarsi d’abito gettando via tutto quello che possa ricondurli al transito effettuato, prendere un treno, allontanarsi di qualche chilometro, ed entrare in clandestinità. “Nel momento”, dice Giacomelli, “in cui bastano quaranta migranti a bordo di un natante che arriva attraverso la rotta mediterranea per sollevare l’attenzione dei media e mobilitare la politica e l’opinione pubblica, nessuno parla invece della via di terra, che passa proprio per Trieste; siamo lasciati soli”. Non si può determinare con precisione l’etnia dei migranti che attraversano Trieste per cercare fortuna in altre città italiane o in Europa; il 12 aprile sono stati fermati 80 immigrati irregolari provenienti da Pakistan e Afghanistan, sette dei quali dichiaratisi minorenni, ma la composizione dei gruppi è variabile: arrivano da Algeria, Iran, Marocco, Turchia, India. Nella quasi totalità dei casi si tratta di migranti economici. Il Questore di Trieste Giuseppe Petronzi ha fornito un dato nel quale, fra il 2017 e il 2018, il numero di migranti irregolari rintracciati risulta più che triplicato, con un forte aumento dei provvedimenti di espulsione, praticamente raddoppiati (da 170 a 333). Dai dati della sola Polizia di Frontiera, secondo Fratelli d’Italia, che ha richiesto una verifica formale e ufficiale dei numeri, il numero di migranti irregolari rintracciato nel 2019 è stato rispettivamente di 150 e 230 nei soli mesi di marzo e aprile, con una percentuale, fra chi viene fermato e chi passa, di 2 su 10: l’80 per cento non viene scoperto e identificato.

Fratelli d’Italia chiede l’aumento del numero di agenti al confine, con il trasferimento di agenti da altre aree d’Italia in cui la situazione è attualmente meno problematica, proprio verso il confine di Trieste, al quale opera un personale numericamente non sufficiente che, allo stesso modo, non ha a disposizione mezzi sufficienti, dovendo fare affidamento su un parco di autoveicoli fuoristrada in gran parte obsoleto. Bene per Giacomelli anche l’azione d’affiancamento dell’Esercito Italiano, da considerare però come una soluzione solo temporanea, in quanto Esercito e Forze dell’Ordine hanno due missioni distinte che non è corretto confondere e sovrapporre. Andrebbe aumentato il numero di militari presenti in ciascuna delle sottosezioni di Rabuiese, Villa Opicina e Fernetti. Fondamentale anche la costituzione di pattuglie miste con la polizia della Slovenia, al fine di coordinare le attività di controllo e le procedure di rientro dei clandestini.
Si parla da molto tempo di una mancanza di supporto da parte dell’Unione Europea ai paesi più a est dell’Unione, in particolare quelli confinanti con i Balcani; mancanza che ha creato una situazione di forte instabilità, portando questi paesi ad agire da soli con politiche di respingimento che rischiano di essere disallineate con le norme internazionali. L’unilateralismo è particolarmente evidente nel caso dell’Ungheria, dove sul confine con la Serbia si sono registrati molti casi di violazione dei diritti umani. In Italia, per quanto riguarda i migranti, il confine occidentale appare ancora una volta trascurato, e le politiche degli stati che hanno innalzato barriere hanno finito per canalizzare verso Trieste il traffico di quello che si stima possa essere un totale di altri 200.000 migranti in qualche modo distribuiti nella zona dei Balcani e nell’Asia Minore. Nella zona del confine fra Friuli Venezia Giulia e Slovenia è sorta, stando alla sistematicità dei ritrovamenti d’abiti e d’oggetti e l’alto livello di perfezionamento dei trasporti, del rifornimento di indumenti e di viveri e di quel che serve per proseguire il viaggio, un’organizzazione che sfrutta chi soffre ed è perfettamente in grado di gestire i flussi che le Forze dell’Ordine hanno difficoltà a controllare. Una situazione che desta forte allarme sociale.

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