Quest’oggi la federazione triestina di Fratelli d’Italia, ha tenuto una conferenza stampa nella sua sede triestina intitolata: “Narodni Dom: i perché di un “no!”

All’affollata conferenza stampa hanno partecipato tutti i vertici del partito locale; erano infatti presenti, oltre al segretario provinciale e capogruppo regionale Claudio Giacomelli, anche l’assessore regionale Fabio Scoccimarro, l’assessore comunale Elisa Lodi e il capo gruppo al consiglio comunale Salvatore Porro.

L’incontro con i giornalisti si è reso necessario per rappresentare con chiarezza e senza equivoci la posizione della federazione triestina di Fratelli d’Italia in merito alla notizia apparsa sul quotidiano locale, circa il proseguimento di una trattativa, svolta ai massimi livelli istituzionali, per la cessione alla comunità slovena del prestigioso e storico immobile conosciuto come “Balkan”, e più in genarle, in merito alla troppa subalternità dimostrata dal nostro Governo nei rapporti bilaterali con la vicina Repubblica. 

Nel corso della conferenza stampa, Claudio Giacomelli ha definito l’operazione del Balkan come inattuale e fuori dal tempo in un momento di gravissima crisi finanziaria, con gli enti pubblici che non avranno i soldi per pagare gli stipendi e con i lavoratori in cassa integrazione. Si tratta infatti di una complessa operazione immobiliare, del valore di diverse decine di milioni di euro, che vede coinvolti il Ministero dell’Interno, la Regione, il Comune di Trieste, l’Agenzia del Demanio, oltre a un paio di associazioni slovene e l’Università, attuale proprietaria dell’immobile. In base ai protocolli in via di definizione, attraverso un complicato passaggio di proprietà, ristrutturazione di immobili fatiscenti e trasferimento di sedi universitarie, si “restituirebbe” alla comunità slovena di Trieste un immobile che, a ben guardare, nessuno le aveva mai portato via. 

Ma cos’è il “Balkan” si chiederanno in molti? Nel corso della conferenza stampa l’assessore Fabio Scoccimarro ha provato a spiegarlo in poche parole: “edificato in pieno centro cittadino nel 1904, il «Narodni Dom» (Casa della nazione in sloveno) conosciuto a Trieste anche come “Balkan”, dal nome dell’albergo che vi era ospitato, era un centro polifunzionale fortemente voluto dalla Società politica Edinost, rappresentante del movimento nazionale degli sloveni di Trieste. Quel prestigioso palazzo doveva costituire il simbolo dell’assunta potenza economica, e anche politica, della comunità slava della città. In seguito ai drammatici eventi che segnarono il confine orientale nel famoso biennio rosso, 1919/1920, che vide contrapposti il nazionalismo italiano a quello slavo, esso andò a fuoco durante una manifestazione organizzata dai nazionalisti italiani dopo l’uccisione di due marinai a Spalato e quella di un giovanissimo cuoco a Trieste in piazza Unità”. 

“Sebbene la ricostruzione storica di quei fatti non sia ancora stata del tutto chiarita, anche dal punto di vista delle riparazioni dei danni di guerra, la questione è in realtà conclusa da oltre 50 anni. In base ad una legge dello stato infatti, a titolo di risarcimento per l’incendio del “Balkan”, venne edificato il Teatro Stabile sloveno, oggi “Kulturni Dom” e ceduto gratuitamente a quella comunità. Infine, vale solo la pena ricordare che, in realtà, la proprietà dell’immobile, non venne mai espropriata agli sloveni, tanto che essi stessi lo vendettero, nel 1924, a una società italiana che ne fece un albergo. Solo moltissimi anni dopo, nel 1976 esso passò prima alla Regione e da questa all’Università di Trieste che, nel 1997, vi installò la prestigiosa Scuola per interpreti e traduttori.”  

“Oggi, ha dichiarato Claudio Giacomelli, non vogliamo tornare ancora sulla controversa storia del Balkan (e penso ai rapporti scritti del Regio Esercito che certificano che dal Balkan lanciavano bombe e colpi di pistola sulla folla che uccisero il tenente italiano Luigi Casciana) ma parlare di attualità e di dignità. Per quanto mi riguarda la questione storica è già chiusa da moltissimi anni dato che l’Italia ha già risarcito la comunità slovena negli anni 60 fornendo come contropartita i fondi per costruire il Teatro Sloveno di Via Petronio. Qui parliamo di un’Italia che affronterà la più grande crisi economica dal dopoguerra e che si mette a fare operazioni immobiliari che costeranno milioni e milioni di Euro per poter alla fine dare un immobile del valore di 9 Milioni e mezzo di Euro in uso gratuito a due associazioni private slovene. E tutto questo per risarcire (per la seconda volta!) vicende di 100 anni fa.

In realtà se togliessimo da questa storia la parola “fascismo” tutti converrebbero che si tratta di un’operazione folle che non sta in piedi, ma siccome invece ci si richiama al 1920, nessuno ha il coraggio di dirlo con onestà!” 

Sia ben chiaro che se l’operazione andrà in porto segnaleremo la vicenda della Corte dei Conti.

E pensiamo anche ai fondi ministeriali che lo Stato dovrà mettere in campo per ristrutturare l’immobile “Gregoretti2”, quando nel Comune di Trieste mancano ancora almeno 3 Milioni per le misure antincendio delle scuole.

“Sappiano comunque, ha poi attaccato il capogruppo regionale, che per quanto ci riguarda, i necessari passaggi di questa operazione presso il consiglio comunale di Trieste non avranno certamente i nostri voti. E, sia chiaro, se qualcuno pensa di trovare su questa partita voti di altre forze politiche come il PD, sappia che poi glieli dovrà continuare a chiedere per tutto il resto della consigliatura. E lo diciamo ben sapendo che qualcuno all’interno del Comune ha aiutato a preparare questa folle operazione.”  

Anche l’assessore regionale Fabio Scoccimarro ha ribadito che la cessione del “Balkan” alla comunità slovena non costituirebbe un vero gesto di pacificazione, ma anzi, finirebbe con il riaprire ferite ancora del tutto rimarginate. “Non ci può essere vera riconciliazione, ha concluso Scoccimarro, finché i presidenti delle nazioni che all’epoca furono responsabili della tragedia delle foibe, non si saranno inginocchiati presso il monumento nazionale di Basovizza, come fece all’epoca Willy Brandt che chiese scusa e perdono ai polacchi a nome del popolo tedesco. Solo dopo potremo dire di aver incominciato a chiudere il più lungo dopoguerra della storia d’Europa”.        

“Come è possibile, si è chiesto Claudio Giacomelli, che lo Stato italiano accetti che la vicina Repubblica slovena, rivendichi cessioni di beni per faccende di 100 anni fa, mentre proprio in questi giorni, in spregio al trattato di Dublino, permette che migliaia di immigrati clandestini attraversino tutto il loro territorio, 

fino a raggiungere Trieste, senza muovere un dito? La federazione triestina di Fratelli d’Italia sta chiedendo già da molti mesi, che la Farnesina convochi l’ambasciatore sloveno in Italia, per far chiarezza, una volta per tutte, sull’atteggiamento di quel paese europeo nei confronti della incontrollata ondata emigratoria che sta colpendo la nostra città e la nostra regione. Ancora in questi mesi, in piena crisi coronavirus, sono continuati, con ritmi di centinaia al giorno, gli ingressi illegali in Italia attraverso il confine con la Slovenia. Un paese che tenesse alla propria dignità dovrebbe aprire una vertenza diplomatica, altro che accordarsi per regalare Milioni di Euro”. 

Ma, secondo Giacomelli, l’atteggiamento dell’Italia, un po’ troppo supino nei confronti della Slovenia, non si limita a questa episodio. “Basti ricordare, ha continuato l’esponente triestino di Fratelli d’Italia, ciò che è recentemente accaduto in seguito alle celebrazioni del Giorno del Ricordo: il Presidente Mattarella, in quell’occasione, ha affermato che la dittatura comunista “scatenò, in quelle regioni di confine, una persecuzione contro gli italiani, mascherata talvolta da rappresaglia per le angherie fasciste, ma che si risolse in vera e propria pulizia etnica, che colpì in modo feroce e generalizzato una popolazione inerme e incolpevole”.

A fronte di queste parole, unanimemente riconosciute come corrette e inoppugnabili, il presidente sloveno Borut Pahor ha protestato con una nota ufficiale inviata al Quirinale, nella quale ha definito queste parole come “inaccettabili da parte di alte cariche italiane… che vorrebbero far credere che le foibe furono pulizia etnica ”. “Insomma, non possiamo nemmeno piangere i nostri morti in pace, senza ricevere una lezione di storia da parte della vicina Repubblica, che vogliamolo ricordare, con l’esplosione della pandemia da  covid-19, ha unilateralmente chiuso le strade di confine con dei massi, per impedire agli italiani di passare, ma le ha lasciate ben aperte agli immigrati clandestini per farli entrare in Italia”. 

A sostenere l’iniziativa degli esponenti triestini di Fratelli d’Italia sono intervenuti anche Luca Ciriani, capogruppo del partito al Senato e il segretario regionale del Friuli Venezia Giulia l’onorevole Walter Rizzetto che hanno annunciato un’interrogazione al governo sulla questione del “Balkan” in particolare, ma anche sui rapporti bilaterali con la Slovenia in merito al controllo della rotta balcanica. 

“Non dimentichiamoci, ha concluso Giacomelli” che la rotta balcanica è diventata il maggior canale di ingresso nel nostro paese di immigrati clandestini. E noi stiamo qui a parlare di complicate operazioni immobiliari per regalare decine di milioni di beni alla comunità slovena per questioni che riguardano 100 anni fa? È ora che il nostro paese ritrovi la sua dignità sul piano dei rapporti bilaterali con la Slovenia e la finisca una volta per tutte con questo atteggiamento di perenne sudditanza psicologica nei suoi confronti”.

 

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